Il gup di Palermo ha condannato – con il rito abbreviato – a 13 anni e 8 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, Lorena Lanceri, la donna che, durante la latitanza, ha accudito per mesi il boss Matteo Messina Denaro. A 6 anni e 8 mesi è stato condannato il marito Emanuele Bonafede, imputato di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena.
Il giudice ha anche sospeso entrambi dall’esercizio della potestà genitoriale per l’intera durata della condanna e ne ha disposto l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Lorena Lanceri è stata condannata anche a risarcire – come parti civili – il Comune di Campobello di Mazara con 45 mila euro, con altri 45 mila euro il Comune di Castelvetrano e l’associazione “Antonino Caponnetto” con 5 mila euro.
Emanuele Bonafede dovrà risarcire i Comuni di Campobello e Castelvetrano con 5 mila euro ciascuno e con 1.000 euro la stessa associazione. I due coniugi sono stati, inoltre, condannati al pagamento delle spese processuali sostenute dalle parti civili.
A Lanceri era stato contestato inizialmente il favoreggiamento ma nel corso delle indagini l’accusa è stata modificata.
L’inchiesta che ha portato a scoprire il ruolo della donna e del marito, cugino del geometra che ha prestato l’identità al boss, è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri per mesi hanno ospitato Matteo Messina Denaro a pranzo e cena nella loro casa di Campobello di Mazara consentendogli – secondo gli inquirenti – non solo di trascorrere molte ore in tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico-familiare ma, anche e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone e di entrare e uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell’ordine”.
Oltre a preparare il cibo al boss ricercato, infatti, la coppia effettuava una stretta vigilanza sulla zona: i video delle telecamere di sorveglianza di alcuni negozi li hanno ripresi mentre, dopo essersi accertati che per strada non ci fossero Polizia o Carabinieri, davano il via libera al loro ospite per farlo uscire indisturbato dall’abitazione.
Il boss ricambiava la loro fedeltà con regali di valore: al figlio dei Bonafede, nel 2017, il capomafia fece da padrino della cresima e donò un Rolex da 6.300 euro. La spesa fu annotata da Messina Denaro in un pizzino.
Dalle indagini è emerso anche che Lanceri e il boss avevano una relazione. Gli inquirenti hanno trovato una lettera firmata Diletta – secondo i pm nome in codice di Lanceri – in cui la donna, che sarebbe stata vicina al boss durante tutta la malattia, dichiarava a Messina Denaro i suoi sentimenti.
Nel corso delle indagini sono state trovate impronte di Lanceri sul diario di Matteo Messina Denaro e su diversi cd e dvd custoditi dal boss nell’abitazione di Campobello di Mazara. Riscontrati anche acquisti di oggetti a lui destinati (felpe, scarpe, libri e poster) effettuati online dall’account della donna.