La Beat Generation

Siamo tutti figli della rivoluzione della Beat Generation, perché i giovani prima non esistevano o se esistevano non importava a nessuno

La Beat Generation

Gli Stati Uniti all’inizio degli anni ’50, hanno sperimentato una sorta di conformismo sociale e politico noto come la “Dottrina Truman” e che è culminata nell’ascesa del senatore McCarthy e della sua commissione per la repressione delle attività antiamericane. Durante questo periodo reazionario la società americana rifletteva un’immagine di famiglia idealizzata, patriottica e conservatrice ma a metà degli anni 50’ a New York alla Columbia University nasce il movimento della “Beat Generation”.

E’ la prima rivoluzione fatta non dalle masse ma è fatta da una generazione, sono i giovani a ribellarsi allo status quo, ai saggi, agli anziani, a tutti coloro che avevano avuto voce in capitolo fino a quel momento.

Kerouac, Ginsberg, Burroughs, Corso, Ferlinghetti (membri fondatori del movimento della Beat Generation) hanno sperimentato quello che ancora oggi noi ricerchiamo: il senso della libertà, il pacifismo, il rispetto degli altri, il rispetto delle religioni, temi che erano fuori dalla letteratura e che oggi noi identifichiamo con le parole “Senso civico”. E volente o nolente ancora oggi siamo tutti figli di quella rivoluzione. Non è chiaro da cosa derivi il termine Beat: potrebbe derivare da beatific (trad. beato) , cioè quel senso mistico di beatitudine delle religioni orientali di cui parla Kerouac sotto l’uso di sostanze allucinogene ma potrebbe anche derivare dal battere del tempo della musica jazz che si suonava negli anni cinquanta nei locali di New York.

Era il Be-Bop di Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonious Monk, quella musica costruita attraverso un flusso continuo e ininterrotto, un fiato che comincia e finisce finché ce n’è.
Kerouac intuisce che anche la scrittura può andare in quella direzione con una freschezza e un’improvvisazione che imita lo stile del jazz dei Be Boppers.

I Beat erano giovani che si ribellavano ai sistemi morali e sociali precostituiti, che portavano avanti le idee della contestazione partendo da una critica radicale all’intero sistema consumistico americano. Giovani che mettevano in discussione la segregazione razziale dei neri, la condizione subordinata della donna e la discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.

Un netto cambiamento dalla precedente generazione soprattutto nel modo di vedere le cose, con atteggiamenti spesso ribelli, provocatori, anticonformisti e anche trasgressivi. Un movimento che si è diffuso negli Stati uniti e in seguito in molti paesi europei.
Il movimento della Beat Generation ha interessato le arti in tutte le sue declinazioni da quello letterario al musicale, dal visivo al teatrale, plasmando la coscienza politica delle nuove generazioni.

L’evoluzione del movimento

Dopo il conflitto mondiale, nel mondo si ebbe una fase di espansione economica e soprattutto negli Stati Uniti si registrò un notevole aumento dei redditi privati con la conseguente crescita dei consumi.

Il ceto medio benestante della classe bianca si allontanò dai centri urbani per trasferirsi nelle zone più ricche delle città e nel frattempo la popolazione di colore prese il posto dei bianchi nei ghetti metropolitani.

Il benessere diffuso portò anche alla domanda di cultura, si rivendicava l’istruzione come diritto fondamentale dell’uomo e strumento di uguaglianza sociale.

Le scuole furono frequentate da giovani di ogni ceto e colore, diventando così la base per un importante terreno di aggregazione e di agitazione destinate ad aumentare in futuro.
I giovani rifiutavano il modello che la società capitalista proponeva, poiché l’obiettivo finale era esclusivamente il benessere materiale, rendendo l’arte e il pensiero come merce di scambio, la TV veniva accusata di condizionare e manipolare i bisogni ed i gusti delle persone.

Negli Stati Uniti, da un lato si difendevano la libertà e la giustizia, dall’altro si sosteneva l’impiego militare nel Vietnam, si alimentava la guerra fredda con l’Unione Sovietica e il conseguente pericolo nucleare.

I giovani della beat generation contestavano il potere delle grandi aziende, della pubblicità, dei mass-media e come forma di protesta non violenta si muovevano in autostop, praticavano il sesso libero, bevevano, fumavano marijuana e rifiutavano l’ordine prestabilito. Nacquero i primi movimenti di lotta dei neri per i diritti civili, guidati da Martin Luther King che sosteneva il metodo gandhiano della non-violenza.

I contrasti iniziarono nel 1964 nelle università americane e la prima università fu quella di Berkeley in California, dove gli studenti asserragliati fra i banchi protestavano contro l’esclusione al diritto allo studio dei più poveri, in genere giovani di colore ché non avevano i mezzi economici per pagare le esose rette universitarie. Nella scuola non veniva più tollerato il carattere autoritario dei docenti, dei metodi di insegnamento arcaici e non aggiornati. Nella famiglia veniva contestata l’autorità dei genitori, nella società veniva rifiutato il potere dello stato e della burocrazia. I giovani chiedevano più potere democratico e maggiore partecipazione alle decisioni che riguardavano la vita dello stato, delle città e della scuola. Oltre ai diritti civili, pian piano i giovani cominciarono a protestare contro il massiccio reclutamento per la guerra nel Vietnam.

Jack Kerouac

Uno degli intellettuali che caratterizzano quest’epoca è Jack Kerouac, la cui esistenza è caratterizzata dalla ricerca dell’autenticità e da una fame insaziabile di vita. Il suo è il destino dell’antieroe, non ha lezioni da dispensare perché non ha nulla da insegnare, non ha obiettivi da raggiungere perché non ha sogni da realizzare. Kerouac impara attraverso le esperienze delle persone che ritiene più capaci e più coraggiose di lui ma dalle quali alla fine prenderà le distanze.

Jack Kerouac, nasce il 12 marzo 1922 a Lowell, in Massachusetts da un padre alcolizzato, giocatore d’azzardo e litigioso e da una madre integralista cattolica, omofoba e razzista e questa situazione familiare influenzò profondamente il suo pensiero e la sua scrittura perché le proibizioni lo fecero crescere con tanti sensi di colpa.

Kerouac parla di quella voglia di buttarsi tutto alle spalle e di fuggire da quell’America puritana e bacchettona, per andare alla ricerca di avventure, trasgressioni, sesso e marijuana. Diventa il portavoce di quella gioventù che conta poco o nulla ma che lo ama e lo segue. La sua eredità è ancora viva grazie ai suoi libri e all’influenza delle sue idee su altri scrittori e artisti.

Nel libro “On the road” le parole non descrivono immagini, luoghi o personaggi ma esprimono lo stato d’animo dei protagonisti. “Sulla strada” è un racconto senza speranza e senza futuro, è un viaggio fisico per le strade del mondo, è un viaggio mentale tra l’alcool e le sostanze allucinogene infine è un viaggio nei costumi, nelle mode e nei comportamenti della società americana.

Lo stile di vita del movimento della Beat Generation diventa una irresistibile attrazione per i ragazzi degli anni cinquanta e sessanta, che sognano la libertà e cercano la verità.
Il nomadismo diventa una forma di rifiuto delle regole sociali e i giovani non desiderano più avere dei ruoli da spettatori ma vogliono essere protagonisti del loro tempo.
In Kerouac tutto è diverso, le parole dello suo slang beat (gergo beat) sono sempre violente, incisive, serrate e scelte tra vocaboli monosillabici con effetti infallibili di tensione e di potenza allusiva.

Lo stile della spontaneous prose (trad. prosa spontanea) si ispira all’improvvisazione delle jam sessions di musica jazz, e in particolare del bebop. Se il sassofono di Charlie Parker ricorda il timbro della voce umana nel jazz, i versi di Kerouac aspirano a restituire alla scrittura una forma musicale.

Scrive i suoi testi senza attenersi alla rigidità delle regole grammaticali ma utilizzando lunghi periodi che nella immaginazione di Kerouac ricordano gli assoli del sassofono.

Easy Rider (film)

Negli Stati Uniti della pre-Beat Generation, molte persone avevano paura di realizzare le cose che andavano sognando, poiché erano incapaci di combattere e rompere il conformismo e il pregiudizio della società americana. C’è un film che raccoglie meglio di altri film, il testimone delle tematiche care al movimento Beat. Tra il libro “On the Road” di Kerouac degli anni ‘50 e il film “Easy Rider” di Dennis Hopper degli anni ‘60, ci sono molti punti di convergenza nonostante il decennio di differenza. In entrambi i casi, i personaggi della storia vanno alla ricerca di nuove esperienze e col tempo il loro viaggio diventerà qualcosa di più importante di un semplice movimento lungo le strade.

“Easy Rider” può essere considerato come la rappresentazione visiva e cinematografica di alcuni ideali che erano molto cari alla Beat Generation. Giovani, selvaggi, coraggiosi, alla ricerca di sé stessi e della libertà lungo le strade interminabili e semideserte dell’entroterra americano, proprio come nel libro “On the road” di Kerouac. In “Easy Rider” è evidente l’allegoria che va oltre la volontà di viaggiare, ma che è un tentativo pacifico di una generazione di giovani che non riescono più a sentirsi a casa nel loro paese e della volontà di abbracciare un modo di vivere libero e anticonformista.

“Easy rider” è il manifesto di una generazione libera e ribelle, sincera e genuina. I protagonisti del film non sono motociclisti violenti, sono dei contestatori pacifisti del potere, quasi soccombenti in questa lotta perenne contro il sistema, proprio come la maggioranza delusa dei giovani dell’epoca per i quali non c’era alcuna forma di riscatto all’orizzonte. Giovani il cui atteggiamento era talmente rassegnato e disilluso da sfociare nel qualunquismo e nel disimpegno, ragazzi che usano la motocicletta come un’appendice del proprio corpo alla scoperta dell’ignoto.

Nel film i violenti sono gli altri: la società moralista e benpensante, i meschini, gli ignoranti e i razzisti del Sud pronti a puntare il dito, a giudicare e a criminalizzare, persone che vedono i diversi e i liberi come una minaccia dello status quo e un pericolo dei valori tradizionali in una realtà ancora ottusa e piena di pregiudizi. Sotto il profilo sociale e generazionale un altro tema fondamentale era quello legato all’uso smodato della marijuana, si narra che nel film ne fu comprata un chilo e che fu usata tutta durante la produzione del film. Il Film fu girato nel ’68 ma uscì negli Stati Uniti solo un anno dopo, grazie alla consacrazione ricevuta a Cannes. Easy Rider ha immediatamente scandalizzato Hollywood e ha aperto la strada a una nuova era di registi e attori e ad un nuovo modo di fare cinema. L’American Film Institute l’ha inserito nella classifica dei cento migliori film di tutti i tempi ed è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.

Contestazione giovanile e fine del movimento beat

Il movimento beat raggiunse l’apice della diffusione tra la fine degli anni 50′ e gli inizi degli anni 60′, durante gli anni ’60 la Beat Generation subisce un crescente declino sia in termini di influenza culturale che di produzione letteraria poiché i principali componenti del movimento avevano intrapreso altre strade, alcuni erano diventati delle icone culturali altri si erano allontanati dalle luci della ribalta.

A metà degli anni 60’ l’influenza sulle nuove generazioni cominciò rapidamente a scemare, così accadde che la protesta che prima era non violenta e pacifica cominciò a radicalizzarsi nelle università americane con argomentazioni sempre più politiche.

La contestazione giovanile trovò un punto di contatto con il mondo del lavoro e agli studenti si aggiunsero gli operai che cominciarono a manifestare per chiedere non solo miglioramenti salariali e delle condizioni di lavoro ma anche l’assistenza sanitaria, una casa e una condizione di vita decente.

Da movimento non violento, pacifista e di rivendicazione dei diritti, la contestazione giovanile si era trasformata in qualcosa di completamente diverso e successivamente al ‘68 la protesta continuò con una crescente strumentalizzazione politica. La prepotenza e sopraffazione di alcuni gruppi violenti divennero strumento di lotta con la conseguente completa disgregazione del movimento studentesco.

Molti degli obiettivi del movimento Beat Generation non furono mai raggiunti: non scomparvero le guerre, la povertà non fu sconfitta e il sistema economico e l’organizzazione sociale restò quello capitalista, soprattutto perché i giovani non riuscirono a presentare dei progetti alternativi o dei programmi concreti.

Nonostante queste mancanze le persone presero finalmente consapevolezza dei loro diritti, si diffusero gli ideali di pace, di uguaglianza e dell’antirazzismo. I giovani ebbero finalmente voce sia nella scuola che nella famiglia e nella politica. Sono stati abbattuti i tabù sessuali, si sono ottenute le riforme dei diritti civili (divorzio, aborto, sistema carcerario), sono stati chiusi gli ospedali psichiatrici e abolita la leva militare. Le donne sono entrate in politica, c’è stata la riforma delle pensioni, gli incrementi salariali, la riduzione dell’orario di lavoro e infine la modernizzazione dei modelli culturali, delle forme di linguaggio e della comunicazione.

Cosa ci ha lasciato dunque la Beat Generation? A livello letterario, la capacità di esprimersi al di fuori degli schemi. A livello morale e personale, l’onestà intellettuale nell’accettazione e nella conoscenza di se stessi. A livello sociale, la difesa dei valori della non violenza e del reciproco rispetto.

Giancarlo Casano

Lettere dal Fronte è il blog di Giancarlo Casano. È possibile interagire con lui attraverso i suoi social. 

PS: Queste lettere rappresentano una prosecuzione scritta della trasmissione radiofonica Good Morning Vietnam, in onda su Radio 102 il mercoledì alle ore 21.

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