Riposte bandiere e striscioni, asciugati i sudori, riportata a livelli di sicurezza la pressione arteriosa, proviamo a riavvolgere il nastro di questa stagione. Tanto per cominciare, non parliamo più di quel che accadde trenta e passa anni fa, perché le similitudini si limitano al campionato d’approdo – allora A-1, oggi più semplicemente A o LBA – e nient’altro.
Questa è stata voluta e programmata, quella fu casuale e favorita dal regolamento del campionato. Questa è stata conquistata da una squadra sontuosa, quella era la stessa della B più due americani.
Andiamo avanti, dunque e partiamo dalla fine, i play-off. Sul campo sono stati duri e difficili, come da tradizione, ma non è che lontano dal parquet si sia scherzato. Ma in un mondo dello sport attraversato da violente faide tra ultras, almeno questo ci è stato risparmiato, perchè tra i pacifici Trapanesi Granata, lontani mille miglia dalla cultura ultras, e l’irruente Fossa, i rapporti sono stati cordiali. Dovrebbe essere la regola, ma così non è.
Il campo, dicevamo. Organizzazione contro estemporaneità: la Fortitudo poteva giocarsela solo come ha fatto, alzando muri in difesa, altre armi non aveva, specie dopo aver perso Aradori. Gli Shark, sotto stress, hanno perso identità di squadra, provando ognuno a risolverla da solo. Ne sono nate partite brutte, sporche e cattive, ma non per questo meno appassionanti. Trapani ha risolto, alla fine, con la classe cristallina di un paio di giocatori, Alibegovic e Imbrò, quelli contro cui in difesa puoi applicarti quanto ti pare, puoi limitarli ma mai annullarli.
Insomma, nel momento del bisogno, il difetto d’origine è emerso nella sua interezza: era complicato trasformare in una squadra propriamente detta il ben di Dio di giocatori arrivati in estate.
Troppa grazia e zero gerarchie. C’era riuscito per qualche mese Daniele Parente, prima che la marcia spedita (17 vittorie consecutive) consegnasse la quasi matematica certezza del primo posto portandosi dietro, purtroppo, un calo che ha poi condotto alla disfatta di Roma.
Sacrificato Parente (che il Campionato l’avrebbe vinto anche lui, specie coi rinforzi ma forse anche senza), Andrea Diana ha dovuto amministrare il per nulla facile innesto di Gentile e Alibegovic gestendo la parte restante di formula ad orologio quasi fosse un precampionato. Non gli si poteva chiedere, in poche settimane, la costruzione d’una squadra che funzionasse come un orologio, gli si chiedeva invece e semplicemente, si fa per dire, di vincere il campionato. L’ha fatto: bravissimo.
Sui fatti di Bologna evito di dilungarmi in commenti: non c’ero, ho testimonianze di amici fidati presenti, ho le idee chiarissime su cosa è accaduto. Ma ormai è acqua passata. Ma una cosa è certa: impedire, quanto meno, che la squadra uscisse con la coppa sul campo per festeggiare coi tifosi, è stato un gesto atroce. Atroce perché è stata segata l’essenza dello sport: squadra e tifosi che s’incontrano. Mi dicono che in quel momento motivazioni d’ordine pubblico non ne esistevano più: se è così, malgrado tutto il pregresso, l’edizione 2023-24 dell’A-2 porterà con sé questa macchia.
Un paio di notazioni statistiche a latere. Con le presenze accumulate in questa stagione, Andrea Renzi e Marco Mollura si piazzano ai vertici della classifica dal 1981 ad oggi. In particolare, Renzi è quarto con 298 (i prime tre sono Francesco Mannella, 345; Davide Virgilio 334; Mario Piazza 321), mentre Mollura è sesto a 288, molto vicino al quinto posto occupato da Claudio “Bibo” Castellazzi con 292.
I 39 punti segnati da JD Notae in gara uno contro la Fortitudo Bologna rappresentano la nona prestazione individuale, sempre dal 1981. Ne hanno segnati 39 come lui Ron Rowan e La’Marshall Corbett. Il record ad oggi, come già sottolineato, appartiene a Bibo Castellazzi, 44 nel dicembre del 1986, al Fortunato Bellina di Marsala contro il Valentino Jeans Roma. Castellazzi era un lungo e non tirava da tre punti. Per dire com’è cambiata (secondo me in peggio) la pallacanestro. Ed ora, basta così: in serie A, a nuove vittorie e a nuovi record.
(Questo pezzo è dedicato ai colleghi giornalisti trapanesi “caduti” sul fronte dell’informazione: Giacomo Di Girolamo, Vito Manca, Alberto Pace, Stefania Renda, Francesco Rinaudo, Nicola Rinaudo, Fabio Tartamella).