Arresto di Matteo Messina Denaro, trovata abitazione del boss [VIDEO]

Si indaga sulla rete di fiancheggiatori

È stato trovato a Campobello di Mazara il covo di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra raggiunto e arrestato ieri dai Carabinieri, dopo 30 anni di latitanza, presso la clinica “Maddalena” di Palermo.

Il nascondiglio si trova nel centro abitato del paese in una palazzina a due piani con il prospetto giallo nel vincolo San Vito, all’inizio dell’abitato, in direzione di Castelvetrano.
Le ricerche sono state coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido che era presente sul luogo. La perquisizione dell’abitazione, ben arredata e corredata, scoperta nella tarda serata di ieri dai carabinieri del Ros, è durata tutta la notte. GUARDA IL VIDEO

L’edificio è stato setacciato palmo a palmo ma nulla si sa ancora su cosa abbiano trovato di significativo i militari del Ros e, in particolare, se ci sia traccia del cosiddetto “archivio di Riina”, le carte che erano nel covo di via Bernini a Palermo dove il capo di Cosa nostra aveva trascorso la latitanza e che non fu perquisito subito dopo l’arresto, avvenuto 30 anni fa.

Campobello di Mazara è il paese del favoreggiatore che ha accompagnato Matteo Messina Denaro alla clinica, Giovanni Luppino, imprenditore del settore olivicolo, e di Andrea Bonafede l’uomo che ha prestato l’identità al capomafia. La zona tra Campobello e Castelvetrano, paese natale del boss, è stata battuta palmo a palmo. Nelle ricerche i Carabinieri hanno impiegato anche delle ruspe.

Intanto si continua ad indagare sulla rete dei fiancheggiatori. Oltre a Luppino e Bonafede, la cui posizione è al vaglio degli inquirenti, chi ha coperto, favorito e finanziato la fuga di Messina Denaro negli ultimi tempi? Negli ultimi anni sono stati arrestati per favoreggiamento diversi fedelissimi del boss e anche suoi familiari. Una strategia investigativa, quella di fare terra bruciata attorno al ricercato, che ha dato suoi frutti. Messina Denaro si trova detenuto con il regime speciale 41 bis nel carcere de L’Aquila dove c’è anche un buon centro oncologico. Lo ha riportato l‘agenzia Adnkronos. Le condizioni di salute del boss, nonostante la patologia oncologica da cui è affetto, sono state definite “compatibili” con la reclusione in carcere.

L’istituto penitenziario abruzzese ha già ospitato detenuti “eccellenti” condannati per reati di mafia: Leoluca Bagarella, che sta scontando l’ergastolo per strage; Raffaele Cutolo, della nuova camorra organizzata; Francesco Schiavone detto Sandokan, esponente dei Casalesi; esponenti del clan siciliano dei Madonia; e, in ultimo, Felice Maniero della cosiddetta Mala del Brenta, in regime di semilibertà.

Chiarite anche le modalità investigative con cui si è giunti a chiudere la rete attorno a Matteo Messina Denaro: tutto è partito dalle intercettazioni dei familiari che parlavano dei suoi problemi di salute: è emerso che il boss di Castelvetrano era gravemente malato, tanto da aver subito due interventi chirurgici. Da qui gli investigatori hanno avviato una certosina analisi di dati normalmente raccolti dal Ministero della Salute, partendo dal livello nazionale fino a quello siciliano e provinciale e hanno stilato un elenco di pazienti sulla base dell’età, del sesso e della provenienza. Tra i nomi è spuntato quello di Andrea Bonafede, nipote di un fedelissimo del boss, residente a Campobello di Mazara. Seguendo il “suo” percorso terapeutico si è giunti alla cattura del Messina Denaro.

 

 

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