Si è concluso un complesso progetto di ricerca che ha coinvolto studiosi della Università Statale di Milano, dell’Archivio Diocesano e del Museo San Rocco di Trapani. Oggetto della ricerca è stato lo studio di un foglio di pergamena, reperito nel 2010 in una legatura conservata all’Archivio Diocesano di Trapani, in occasione del riordino scientifico curato dalla vicedirettrice Stefania La Via e dall’equipe di archivisti della Diocesi.
Il foglio membranaceo, contenente un frammento di Corano, era stato riutilizzato come coperta di un registro di annotazioni matrimoniali della prima metà del XVI secolo, provenienti dal territorio di Calatafimi.
Già dal 2011, in occasione della riapertura al pubblico dell’Archivio, si era tentato di saperne di più ma uno studio più approfondito è stato possibile soltanto a partire dal 2021, grazie all’interessamento di Paolo Barresi, docente dell’Università Kore di Enna, e di Michele Giacalone, presidente dell’Associazione Amici del Museo San Rocco, che hanno invitato a Trapani per esaminare il reperto Giuseppe Mandalà, docente di Storia dei Paesi Islamici presso l’Università Statale di Milano.
L’esame paleografico della scrittura in caratteri cufici, lo stile e le caratteristiche generali del reperto e l’individuazione del contenuto hanno consentito al professore Mandalà di identificarlo come un raro frammento di Corano databile tra IX e X secolo dopo Cristo, possibilmente attribuibile all’epoca araba di Sicilia della quale, come noto, rimangono rarissime testimonianze scritte coeve.
Secondo Giuseppe Mandalà «Il foglio contiene alcuni versetti della sura/capitolo delle Api (Corano XVI: 8-11) in cui si magnificano i segni della grazia di Dio verso i musulmani. Questo il loro nella traduzione di Alessandro Bausani: E cavalli e muli ed asini v’ha dato perché li cavalchiate, ornamento bello, e sta creando ancora cose che voi non sapete. È Dio che dimostra la via e c’è chi se ne allontana, ma se avesse voluto v’avrebbe certo guidati tutti assieme. È lui che fa scendere acqua dal cielo per voi e ne bevete e ne crescono gli alberi tra i quali spingete a pascolare gli armenti e ne fa crescere per voi e il frumento e l’olivo e le palme e le viti e ogni specie di frutti, e certo un segno è ben questo per gente che sa meditare».
«Si tratta – prosegue Mandalà – di una delle più antiche testimonianze manoscritte del libro sacro dell’Islam presenti in Sicilia, invero alquanto rare, che si aggiunge al “Corano di Palermo”, un manoscritto datato al 372 della Ègira (982-983 dopo Cristo), sicuramente di origine siciliana, oggi, in gran parte, conservato a Istanbul».
Campioni di pergamena prelevati dal frammento, sottoposti ad analisi scientifiche presso laboratori specializzati in analisi genetiche dell’Università di Cambridge, ne hanno confermato la sua natura di pelle di pecora. Il professore Mandalà ha in corso uno studio scientifico sul frammento, assolutamente inedito e non ancora catalogato, che a breve sarà pubblicato in una rivista specializzata.
«Una testimonianza di straordinario valore storico – afferma il direttore dell’Archivio Diocesano monsignor Liborio Palmeri – che arricchisce il patrimonio culturale della Diocesi di Trapani e della città. Anche in questa affascinante vicenda paleografica il nostro Archivio diocesano mostra la sua competenza che travalica il confine del lavoro ordinario. L’auspicio è, naturalmente, che un giorno questo importante reperto possa essere offerto alla fruizione di un pubblico più vasto, messo in sicurezza, in un’esposizione museale».