La prima sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia ha respinto il ricorso presentato da Maurizio Miceli, nella qualità di candidato non eletto alla carica di sindaco di Trapani all’esito delle elezioni dello scorso maggio, nei confronti di Giacomo Tranchida, rieletto nella stessa tornata elettorale, e di 26 candidati al Consiglio comunale.
Nel ricorso si chiedeva l’annullamento dei risultati elettorali e della proclamazione del sindaco “in quanto errati a causa delle plurime irregolarità e violazioni di legge verificatesi nei seggi durante le operazioni elettorali, nonché all’atto di scrutinio delle schede; irregolarità e anomalie evincibili dai verbali delle Sezioni elettorali, confermate in alcuni casi dai verbali dell’Ufficio centrale, incidenti sulla correttezza delle procedure elettorali”.
Il Collegio osserva che “sono segnalati e lamentati errori materiali irrilevanti, dovuti ad una inesatta verbalizzazione, ai quali tuttavia il ricorrente non aggiunge alcun ulteriore elemento per corroborare la presunta influenza sul risultato elettorale; e tanto, anche considerando che in nessuna delle Sezioni oggetto di censura risulta sollevato alcun problema, o rilievo, dai rappresentanti di lista presenti; sicché le irregolarità formali non sono in grado di inficiare il risultato elettorale sul piano sostanziale. Pertanto, i profili di censura con cui si lamenta l’errato conteggio aritmetico dei voti, quali risultati dai verbali sezionali, devono essere dichiarati inammissibili, in quanto presentano un carattere sostanzialmente esplorativo tendente ad ottenere la ripetizione delle elezioni, di cui ha chiesto espressamente la nuova celebrazione con riferimento alle sezioni oggetto di contestazione”.
“Né, d’altro canto – proseguono i giudici amministrativi – il ricorrente ha allegato un principio di prova idoneo a dimostrare che gli errori, anche di trascrizione, riscontrabili dai verbali sezionali abbiano inciso sul risultato elettorale a suo sfavore. Disvela l’intento esplorativo – in disparte il numero delle sezioni oggetto di contestazione per presunti e, in taluni casi, inesistenti errori di trascrizione o di conteggio – la circostanza che il ricorrente, sebbene lo scarto tra lui e il candidato eletto sindaco sia di ben 1.396 voti, si limiti a chiedere la celebrazione di nuove elezioni senza fornire il minimo indizio in ordine al numero di voti che, in ipotesi, gli sarebbero stati sottratti”.
I giudici del TAR, nella loro pronuncia, hanno esaminato e “smontato”, punto per punto, le osservazioni di Maurizio Miceli relative ad episodi riguardanti singole Sezioni elettorali, ben 29, in cui si sarebbero verificate irregolarità. In conclusione il ricorso è stato giudicato infondato e per tale motivo è stato rigettato.
Miceli è stato condannato al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in 3.500 euro, oltre agli oneri accessori come per legge, in favore di Giacomo Tranchida; 3.500 euro, oltre oneri accessori, in favore di Giuseppe Pellegrino; 3.000 euro, oltre oneri accessori, in favore dei controinteressati Bianco Anna Lisa, Poma Giusy Elenia, Carpinteri Giovanni, Peralta Giuseppe, Grignano Angela, Barbara Daniela, La Barbera Claudia, Daidone Salvatore, Genco Andrea, Parisi Giovanni Antonino.
Compensate le spese di giudizio tra il ricorrente e i controinteressati Tumbarello Sonia, Cammareri Baldassare, Patti Marzia, Passalacqua Cinzia, Vassallo Andrea, Mazzeo Alberto e Briale Francesco”. Nessuna spesa da pagare, invece, al Comune di Trapani e alle parti private non costituite.
Sempre in relazione alle Amministrative dello scorso maggio, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso che era stato presentato da Giovanna Romano nei confronti di Giuseppe Pellegrino, Baldassare Cammareri e Marzia Patti con il quale si richiedeva l’annullamento degli esiti della consultazione elettorale in relazione alle operazioni elettorali svoltesi in alcune Sezioni nonché la correzione del risultato elettorale e del verbale dell’Ufficio Centrale di Trapani contenente l’atto di proclamazione degli eletti e la conseguente proclamazione, in ragione del numero di voti conseguito e della corretta attribuzione dei quozienti per il riparto dei seggi tra i gruppi di liste, della ricorrente.
I giudici hanno infatti sottolineato che, “dall’eventuale accoglimento dei motivi ammissibili del ricorso deriverebbe un aumento complessivo dei voti di lista di 28 unità per cui il nuovo totale dei voti di lista validi salirebbe a 25.204 (25.176+28) con soglia di sbarramento del 5% che si attesterebbe su 1.260 preferenze, con la conseguenza che rimarrebbe valido il dato utile di 1.260 preferenze della lista “I Democratici”.
“La ricorrente – sottolinea il Collegio – non otterrebbe, quindi, dall’eventuale accoglimento delle censure ammissibili, il risultato sperato ai danni degli eletti per la lista “I Democratici”. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile per mancato superamento della “prova di resistenza”. La ricorrente dovrà pagare le spese processuali in favore dei controinteressati costituiti nella misura di 3.000 euro in favore di Marzia Patti e di 3.000 euro, in solido tra loro, a favore di Giuseppe Pellegrino e Baldassare Cammareri.