Si celebra oggi la Giornata Mondiale delle Malattie Rare

“Noi malati di Fatica Cronica troppo spesso dimenticati anche tra le patologie rare. Grazie a Maurizio Costanzo per aver fatto conoscere a tutti la nostra condizione ma non basta. I pazienti sono spesso lasciati soli, così come le famiglie”

Dal 2008, anno in cui è stata istituita la GIORNATA DELLE MALATTIE RARE, il 28 FEBBRAIO, o il 29 negli anni bisestili, viene celebrata questa ricorrenza avente lo scopo di sensibilizzare e promuovere l’equità nell’assistenza socio-sanitaria e nell’accesso alla diagnosi e alla terapia per tutti coloro che condividono la quotidianità con una patologia rara. “Siamo rari, ma siamo tanti” ed ognuno vive e lotta per il riconoscimento dei propri diritti, per le patologie più disparate, che hanno però diversi punti in comune quali la scarsa assistenza domiciliare/scolastica, il mancato riconoscimento della figura del caregiver, l’abbattimento delle barriere architettoniche, l’inclusione, progetti di vita indipendente, dopo di noi, ecc.ecc.

La maggior parte di queste patologie sono di origine genetica e diverse sono congenite e nella quasi totalità dei casi presentano delle evidenze rilevabili da indagini diagnostiche e spesso hanno caratteristiche fisiche precise. Pur essendo una moltitudine di patologie presentano peculiarità che consentono alle varie associazioni che le rappresentano di lavorare ed agire in sinergia sui temi principali. Ci sono patologie e associazioni di categoria invece che, seppur aderenti ai gruppi in cui confluiscono le diverse associazioni di pazienti, si trovano in realtà ad essere “sole” e a cercare un percorso in autonomia in quanto le peculiarità della malattia limitano fortemente un percorso comune, come accade ad AMCFS (Associazione malati di CFS). La CFS/ME (Sindrome da Fatica Cronica/ Encefalomielite Mialgica) è una patologia grave ed invalidante, riconosciuta dall’O.M.S., riconosciuta dal S.S.N. che nel 2014 ha emanato anche un Documento d’Indirizzo sulla CFS, edito da Agenas, che non gode di marcatori diagnostici e di terapia specifica e quindi neppure di esenzione ticket per patologia e, soprattutto, non gode di centri di riferimento specifici in Italia, mentre in Europa ci sono centri dedicati, ne’ di presa in carico e, cosa ancor più grave, non viene riconosciuta come “patologia” da una buona parte della classe medica.

Cosa comporta tutto ciò? Ritardo diagnostico, indagini e terapie inutili se non dannose, veri e propri pellegrinaggi per tutta Italia alla ricerca di un medico che dia un senso, un nome al corteo sintomatico di cui si soffre, espone al rischio di incappare in professionisti “poco professionali” che promettono facili guarigioni con le terapie più disparate, crea tensioni familiari in quanto il medico in certi casi liquida la situazione come “psicosomatica “ nel migliore dei casi, spinge alcuni malati a documentarsi da se’ e all’automedicazione con tutti i pericoli del caso.

Cosa comporta la mancanza di presa in carico? Il mancato riconoscimento dello status di malato, la frustrazione insita nel non sentirsi accolti e attenzionati, un forte sentimento di abbandono che unitamente alla sofferenza causata dalla CFS/ME e alla disperazione di non riconoscere più un corpo che, seppur integro e sano, non è più in grado di compiere gli atti della quotidianità (alzarsi, lavarsi, lavorare studiare, ecc.) rischia di causare effetti ancor più deleteri della malattia.

In ambito sociale le ripercussioni sono notevoli in quanto l’abbandono del malato a se stesso si ripercuote sulla famiglia, quando c’è, che impreparata e senza supporto si trova a gestire la situazione, la solitudine, l’esclusione sociale diventano compagne di viaggio, i problemi lavorativi e scolastici, per i malati più giovani, raggiungono vette inaspettate in un silenzio sociale e istituzionale che amplifica il tutto. I sintomi della CFS/ME (spossatezza immane, dolori muscolo/scheletrici, cefalea, febbricola, dolorabilità dei linfonodi, problemi di memoria e concentrazione, ipotensione ortostatica, difficoltà a reperire le parole, per citare i più invalidanti) mettono a repentaglio l’attività lavorativa che in alcuni casi porta alla perdita del lavoro e quindi di un reddito, così come la frequenza scolastica compromettendo il percorso di studi. In questi casi, se il giovane malato è in età della scuola dell’obbligo e non ha le dovute certificazioni, la famiglia corre il rischio di essere attenzionata per presunto abbandono scolastico incrementando preoccupazioni e tensioni emotive. Tenuto conto che la patologia colpisce la popolazione dei giovani adulti con alcuni casi di giovanissimi è facile comprendere l’entità del suo impatto sociale.

Attualmente, con l’avvento della pandemia da Covid 19, la CFS/ME gode delle luci della ribalta in quanto sempre più esperti, a livello internazionale, sovrappongono la CFS/ME al Long Covid, condizione che insorge a seguito dell’infezione contratta, che perdura a seguito della negativizzazione con sintomi tipici della CFS/ME che limitano fortemente la quotidianità di chi ne è affetto. Se inizialmente il sovrapporre la CFS/ME al Long Covid, veniva interpretata dai malati e da AMCFS come un riconoscimento dell’esistenza della patologia da parte della comunità scientifica, facendo sperare in una presa di coscienza, il trascorrere del tempo senza che nulla venga fatto per la presa in carico dei malati di CFS/ME e Long Covid, testimoniato dal fatto che diverse persone che soffrono di Long Covid si rivolgono ad AMCFS per indicazioni su medici cui rivolgersi, ci porta a pensare che la storia non insegna e che più semplicemente la pandemia ha ingrossato le file di malati lasciati in balia di se stessi.

Ed è così che nell’oblio istituzionale e sociale un buon numero di persone e di famiglie, unitamente a un limitatissimo numero di medici che, già oberati da un S.S.N. allo stremo, cercano di offrire una risposta di salute anche a questi malati, paga lo scotto di essersi imbattuta in una patologia che non ha marcatori diagnostici, che non ha una paternità, cioe’ non è di competenza di uno specialista specifico ma richiederebbe un approccio multidisciplinare, per cui le istituzioni predisposte, pur esprimendo condivisione e vicinanza , non mettono in atto azioni concrete.
Nonostante le innumerevoli difficoltà, nella GIORNATA DELLE MALATTIE RARE, AMCFS rinnova il proprio impegno a sostenere malati e familiari, a informare gli operatori sanitari e a instaurare un dialogo con le istituzioni preposte per difendere e far riconoscere i diritti dei malati di CFS/ME.

Il Direttivo AMCFS

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