Mario Draghi: “Nel 2021 i soldi non si chiedono, si danno”. Varato DL Sostegni

Al via il decreto Sostegni. Il premier: "È una risposta consistente ma parziale, il massimo che potevamo fare". Il governo è già pronto a chiedere un nuovo scostamento di bilancio

Il Consiglio dei ministri, dopo un pomeriggio di trattative per sciogliere il nodo delle cartelle esattoriali, che ha fatto slittare di oltre due ore l’avvio della riunione, vara l’atteso decreto Sostegni che stanzia 32 miliardi a sostegno delle categorie colpite dalla crisi economica a seguito dell’emergenza sanitaria. E il governo già si appresta a chiedere al Parlamento un nuovo scostamento di bilancio.

Draghi: decreto Sostegni risposta parziale ma consistente. Il massimo che potevamo fare
È il presidente del Consiglio, Mario Draghi, assieme al ministro dell’Economia Daniele Franco e al titolare del Lavoro, Andrea Orlando, a illustrare le misure contenute nel provvedimento. Un decreto, premette subito il premier, che rappresenta una “risposta consistente ma parziale, il massimo che potevamo fare”.

L’obiettivo è “dare più soldi a tutti più velocemente. Nel 2021 i soldi non si chiedono, si danno”
Detto questo, sottolinea Draghi, l’obiettivo è di “dare più soldi a tutti il più velocemente possibile”, attraverso anche la decisione di abbandonare il criterio dei codici Ateco, che molto ha fatto discutere nel recente passato, perché questo 2021 “è un anno in cui non si chiedono soldi ma si danno”.

E Draghi annuncia che “i pagamenti inizieranno l’8 aprile” in modo che “11 miliardi” comincino a circolare già dal prossimo mese. Quanto al discusso tema delle cartelle esattoriali, il premier ammette che si tratta di un “condono”, ma “molto limitato” e che “aiuterà la lotta all’evasione”. Il premier tiene però a sottolineare: “E’ chiaro che lo Stato non ha più funzionato, uno Stato che ha permesso l’accumulo di milioni e milioni di cartelle che non si possono esigere: bisogna cambiare qualcosa”. Si procederà difatti a “una modifica della riscossione, una piccola riforma della riscossione”.

Draghi rivendica quindi “un intervento significativo verso i meno abbienti, a partire da chi ha perso il sussidio di disoccupazione e chi ha perso il lavoro: c’è l’estensione del reddito di emergenza sia della platea che degli importi stanziati”. Infine, liquida per il momento la vexata quaestio del Mes, che tanto ha fatto traballare il precedente esecutivo: “Al momento non è una priorità”. ​

Per il premier la scuola sarà la prima a riaprire
In conferenza stampa il presidente del Consiglio ha affrontato anche il tema dei vaccini e della scuola, garantendo che “sarà la prima a riaprire quando la situazione dei contagi lo permetterà, almeno fino alla prima media”.

“Pronto a vaccinarmi con AstraZeneca”
Quanto al vaccino, Draghi garantisce che “senza alcun dubbio” si sottoporrà alla vaccinazione con AstraZeneca, confermando la linea di Merkel: “Ha detto che se le autorità europee approvano lo Sputnik bene, altrimenti lei farà da sola. Qui si parla della salute, c’è il pragmatismo, bisogna prima cercare il coordinamento europeo o qualcuno fa altrimenti”, spiega.

“Se coordinamento Ue su vaccini non funziona faremo da soli”
Per poi aggiungere: “Se il coordinamento europeo non funziona bisogna esser pronti a fare da soli, questo è quello che ha detto Merkel e questo è quello che dico io”. L’obiettivo resta l’accelerazione della campagna vaccinale, puntando ad arrivare ad aprile a “500mila vaccinazioni al giorno” per poi aumentare ancora. Il premier non ha risparmiato una ‘bacchettata’ alle Regioni sulla campagna vaccinale: “Vanno in ordine sparso e questo non va bene”. “Noi andiamo forte a livello nazionale, ma le Regioni sono molto difformi: alcune arrivano al 25% e altre al 5%”, ha osservato.

L’orizzonte temporale del governo “lo decide il Parlamento”
Infine, non si è sottratto alle domande più politiche: l’orizzonte temporale del governo? “Lo decide il Parlamento”. Le fibrillazioni interne al governo sulle misure del decreto? “Oggi è un momento di grande condivisione. E’ chiaro che tutti i partiti sono entrati in questo governo portandosi una eredità di vedute, convinzioni e annunci fatti in passato. Tutti hanno delle bandiere identitarie, si tratta man mano di chiedersi quali sono quelle bandiere identitarie di buon senso e quelle a cui si può rinunciare senza fare danno né alla propria identità né all’Italia”. Il consenso personale? “Spero che le delusioni future non siano pari alle aspettative attuali”.

(AGI)

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