Parte del patrimonio del cosiddetto “re delle scommesse” Calogero Jonny Luppino, imprenditore di Campobello di Mazara, è stata confiscata: lo hanno disposto i giudici della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Trapani.
Il provvedimento riguarda aziende e immobili intestati a Luppino e alla moglie. Per l’imprenditore, ritenuto “socialmente pericoloso”, è stata decisa anche la sorveglianza speciale per tre anni e mezzo da scontare se diventerà definitiva la condanna a 18 anni per mafia, estorsione e intestazione fittizia di beni inflittagli in primo grado nel dicembre 2021 dai giudici del Tribunale di Marsala nell’ambito del processo scaturito dall’operazione “Mafia bet” dei Carabinieri.
In occasione della perquisizione nell’abitazione di Luppino a Tre Fontane, frazione marinara di Campobello di Mazara, i militari dell’Arma trovarono in una cassaforte otto lingotti d’oro e oltre 50 mila euro in contanti. Altri 200 mila euro furono rinvenuti nella sua casa di via Cile: nel ripostiglio, in camera da letto e dentro il lavabo del bagno custoditi in sacchetti sottovuoto, nella mansarda e in un’auto.
I giudici hanno disposto, invece, il dissequestro delle quote societarie di Alejandro Prado, Gianmarco Amoroso e Salvatore Giorgi. Dissequestrata la ditta individuale “Antonino Tumbiolo”, con sede a Mazara del Vallo, e alcuni immobili di Luppino e della moglie.
Prado, Amoroso e Giorgi non erano coindagati ma titolari di una società che gestiva scommesse on line. Per i giudici non sarebbero prestanome di Luppino.
I beni sequestrati l’anno scorso a Luppino tra le province di Trapani e di Roma erano costituiti da 10 società e relativi compendi aziendali, 6 terreni, 14 conti bancari, una moto, un cavallo da corsa, denaro contante, titoli di credito e, come detto, lingotti d’oro per un valore totale di 6 milioni di euro.
L’ascesa imprenditoriale di Luppino nel mondo delle scommesse e dei giochi online sarebbe stata agevolata – secondo quanto accertato dalle indagini – da esponenti dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo che obbligavano i vari esercizi commerciali del Trapanese ad installare le macchinette delle sue società.