“La nuova vita dei beni sottratti alla criminalità”, convegno della DIA a Trapani [VIDEO]

Confronto su luci e ombre relative al sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati

La gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata – una peculiarità della legislazione italiana in tema di contrasto all’illegalità – è terreno di discussione su quale si registrano esperienze riuscite come, restando nel  territorio trapanese, quella della Calcestruzzi Ericina Libera, o fallimentari come è avvenuto nel caso del Gruppo 6Gdo di Castelvetrano.

Dell’argomento ci si è occupati stamane, nel convegno organizzato dalla DIA, nell’ambito delle iniziative per la celebrazione dei 30 anni dalla sua costituzione, al Museo Pepoli di Trapani che ospita, fino al 20 novembre, anche l’interessante mostra fotografica “L’Antimafia itinerante”.

Restando nella realtà del Trapanese, sono 600 i beni già sottratti alla criminalità organizzata e successivamente affidati e altri sono destinati ad entrare in questo elenco. Se da un punto di vista normativo, negli anni, si è andata costruendo e consolidando una macchina in grado di consentire in maniera sempre più efficace l’aggressione dei patrimoni illeciti, colpendo così le organizzazioni criminali come Cosa nostra dal punto di vista finanziario, dall’altro è la successiva gestione dei beni, soprattutto nel caso di aziende, a mostrare criticità importanti. Su questi temi si sono confrontati il generale Vincenzo Molinese, capo del I Reparto della DIA, Giuseppe Sanfilippo del Consiglio Nazionale Amministratori Giudiziari, il presidente del Tribunale di Trapani, Andrea Genna, e il presidente dell’Agenzia nazionale per i beni sottratti alla criminalità organizzata prefetto Bruno Corda.

A portare i saluti istituzionali sono stati, oltre al direttore della DIA Maurizio Vallone, la prefetta di Trapani, Filippina Cocuzza, che  ha sottolineato l’importanza dell’azione della DIA e la sua collaborazione con le Prefetture per quanto attiene alle attività da queste messe in atto, si pensi alle interdittive  antimafia, e il sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, che ha sottolineato la necessità di garantire opportuni sostegni economici ai Comuni che si vedono affidati in gestione i beni, fondi che sono difficilmente reperibili nei bilanci ordinari.

“Trent’anni di contrasto alla criminalità e a Cosa nostra – ha detto il primo cittadino -sono certamente serviti per bloccare affari loschi ed illegale arricchimento di tutte quelle persone che, ai danni della comunità onesta, hanno commesso reati gravissimi e danneggiato il Paese. La gestione e amministrazione dei beni confiscati e sequestrati costituisce una scommessa culturale per lo Stato e per i tanti cittadini onesti che potrebbero trarne beneficio: dal sostegno alle imprese alle opportunità di sviluppo per gli imprenditori ma anche per i Comuni, sono numerosi gli sbocchi perseguibili”.

“Dalla legge Rognoni La Torre al Codice Antimafia – ha sottolineato il generale Vincenzo Molinese – sono stati molteplici i passi fatti nella direzione dell’aggressione dei patrimoni della criminalità organizzata e, oggi più che mai, in presenza di quelle che possiamo definire ‘imprese a partecipazione mafiosa’, cioè realtà che si giovano di capitali illegali e alimentano la capacità rigenerativa delle organizzazioni criminali, è necessario che lo Stato non fallisca nella successiva gestione dei beni e delle aziende. Nei suoi 30 anni di vita la DIA ha sottratto beni per un valore di 25 miliardi di euro,  di cui 12 relativi a beni confiscati, cioè definitivamente passati nel patrimonio pubblico”.

Sulle difficoltà, ma anche sulle sfide poste agli amministratori giudiziari si è soffermato il consigliere nazionale Giuseppe Sanfilippo: ” È necessario, nella nostra azione di gestione, collaborare con altre aziende del settore, saper comprendere ciò che va sostenuto rispetto a ciò che va liquidato. La mia proposta è che i beni mobili sottratti possano subito essere venduti e che possano anche essere superati i problemi che spesso si pongono con le banche che chiudono i finanziamenti. Anche quello del personale che troviamo nelle aziende sottratte alla criminalità organizzata è un problema, dobbiamo “scremarlo” da presenze indebite ma non è possibile licenziare, solo sospendere. Il lavoro dell’amministratore giudiziario non è facile e va sostenuto, quel che è certo è che dobbiamo essere presenti in quelle realtà, non possiamo restare dietro le scrivanie”.

Il presidente Andrea Genna ha sottolineato la peculiarità del Tribunale di Trapani che pur essendo circondariale e non distrettuale, ha avuto assicurata dal legislatore la competenza sulle misure di prevenzione patrimoniale e ha ricordato come il valore dei beni sottratti, nel quadriennio 2016-2020 sia stato di 2 miliardi di euro, ponendo Trapani al terzo posto a livello nazionale. Genna ha lamentato, però, la mancata garanzia, a fronte delle ulteriori responsabilità attribuite, di risorse “qualificate e sufficienti” da destinare alla trattazione di tali misure e ha parlato di “attività sotterranea” della mafia nelle imprese. Il presidente del Tribunale di Trapani ha parlato anche di una interlocuzione in atto con il Ministero della Giustizia che porterà alla creazione, sul sito web dello stesso Ministero, di un’area dedicata, una sorta di vetrina dei beni sottratti alla criminalità organizzata per ampliare la platea dei soggetti interessati al loro affidamento e garantire, al contempo, la piena trasparenza delle procedure di affidamento.

“Il sistema di aggressione ai patrimoni criminali e quello della loro successiva gestione, con la creazione dell’Agenzia nazionale, ha sottolineato il direttore Bruno Corda, è un unicum italiano, solo la Francia si sta muovendo sulla linea tracciata dal nostro Paese”. Il discrimine importante è quello dell’utilizzo sociale dei beni acquisiti al patrimonio dello Stato. “Stiamo su un fronte, lo stato dei beni è mutevole, utilizzarli è faccenda complicata”. Corda ha citato il fattore tempo, come una variabile importante per un’azione che sia efficace e garantisca la vita delle aziende e l’occupazione dei lavoratori, ha sottolineato come in queste procedure l’efficienza dello Stato venga messa alla prova. “D’altro canto – ha ricordato – è necessario garantire la tutela della proprietà, diritto costituzionalmente protetto”. Corda ha parlato di uno “shock di legalità” a cui vanno incontrole aziende sottratte alla criminalità organizzata e ha sottolineato come il 68% delle aziende si rivelino “scatole vuote”, non recuperabili, non in grado di stare in maniera autonoma e rispettando le regole sul mercato. Corda ha lanciato una chiamata all’azione degli interi territori a sostegno delle aziende confiscate e ha ricordato l’importanza dei tavoli permanenti da allestire nelle Prefetture per gestire le criticità delle aziende sottratte. “Sono 150 – ha detto – le aziende confiscate attive in Italia, il loro l’elenco è stato reso pubblico anche per favorire i contatti tra i loro management. È il tempo di passare dall’antimafia delle chiacchiere all’antimafia militante. Bisogna fare un salto di qualità e contrastare anche quelle operazioni di delegittimazione dell’attività dell’Agenzia nazionale di gestione dei beni”.

Il direttore ha convenuto con il sindaco di Trapani sulla necessità di sostenere gli enti locali affidatari dei beni con fondi per la loro gestione ma anche aiutandoli a conoscere  i beni a loro affidati: in questo senso ha parlato delle interlocuzioni con Anci e della possibilità che i Comuni si uniscano, creando dei Consorzi per la gestione di tali beni. Anche Corda ha ricordato l’esempio virtuoso della Calcestruzzi Ericina Libera, realtà certamente da valorizzare. Quanto al rapporto con le banche, ha ricordato come Bankitalia abbia sottolineato che le aziende sequestrate devono continuare ad essere finanziate, non possono vedersi negato il sostegno economico necessario. “È in fase di stipula – ha concluso – un accordo a livello nazionale. Attualmente sono 800 gli amministratori giudiziari all’opera in tutta Italia”.

Al nostro microfono due dei relatori del convegno: il prefetto Bruno Corda, direttore dell’Agenzia nazionale per i Beni sottratti alla criminalità organizzata, e il generale di Brigata Vincenzo Molinese, capo del I Reparto della DIA. GUARDA I VIDEO

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