I numeri da “sistemare” per evitare la zona rossa alla Sicilia: ecco cosa raccontano le intercettazioni

Non si tratterebbe di casi isolati ma di un'azione sistematica di modifica dei dati relativi all'andamento della pandemia

E’ uno scenario inquietante quello che emerge dalle indagini della Procura della Repubblica di Trapani che hanno portato oggi all’arresto di tre persone mentre altre tre sono indagate, tra cui l’ormai ex assessore regionale alla Salute Ruggero Razza.

Non si tratterebbe di casi isolati ma di un’azione sistematica di modifica dei dati relativi all’andamento della pandemia da coronavirus in Sicilia. Dall’ascolto delle telefonate intercettate è sin da subito risaltato all’attenzione degli inquirenti come le conversazioni intrattenute da Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, e riguardanti la raccolta e la gestione dei dati regionali sul Covid-19 da comunicare successivamente al
Ministero della Salute, evidenziassero importanti anomalie.

La gip del Tribunale di Trapani Katia Brignone scrive delle “frenetiche, a volte tardive, attività burocratiche di raccolta dei dati” da parte del DASOE, attraverso contatti diretti con gli uffici periferici delle ASP siciliane, delle Aziende Ospedaliere, delle USCA, dei Laboratori di analisi pubblici e privati (autorizzati alla processazione dei tamponi molecolari). Una modalità che “ha verosimilmente contribuito a condizionare l’irregolare gestione del flusso dei dati, infatti, a conferma di ciò, si è avuto modo di constatare che Di Liberti, spesso, pur essendo una dirigente generale, “si è fatta personalmente carico di quotidiani interventi di sollecito telefonico nei confronti dei vari referenti Covid-19 delle strutture periferiche del Sistema Sanitario Regionale “al solo al fine di sopperire alla diffusa disorganizzazione e lentezza di tali strutture nella prevista comunicazione dei dati richiesti”.

E’ lo stesso raffronto tra il contenuto di una direttiva emanata da Di Liberti il 16 novembre 2020 e quanto di fatto avveniva a fotografare la situazione: da un lato la dirigente scriveva che “… l’omissione o l’incompleta registrazione dei dati sulla piattaforma informatica da parte dei soggetti coinvolti nel processo di esecuzione e/o analisi dei tamponi, costituisce una grave inadempienza che rischia di compromettere la qualità delle analisi e delle valutazioni sull’andamento dell’epidemia e, conseguentemente, di indurre i decisori ad attuare misure di contenimento non proporzionate al quadro reale epidemiologico”, dall’altro le conversazioni intercettate disegnano ben altro scenario: quello della non attuazione della volontà dell’Assessorato di porre fine al “caos gestionale” dei dati e dall’altro, la sua piena consapevolezza della manipolazione dei dati da fornire al Ministero.

In una conversazione telefonica del 5 novembre 2020 tra la dirigente generale e l’assessore della salute Ruggero Razza, avvenuta a seguito dell’introduzione delle misure previste dal DPCM del 3 novembre che collocava la Sicilia in zona “arancione” assieme alla Puglia, mentre la gran parte delle altre regioni erano state inserite in quella “gialla”, l’assessore esprime profonda amarezza, delusione e senso di impotenza, per non essere riusciti ad assicurare la buona gestione dell’emergenza sanitaria: “… Inutile… inutile Letizia… è inutile che facciamo stare in piedi sacchi vuoti… c’è stata una
gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa sottovalutazione di questa gravissima
sottovalutazione è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero! … E chissà da quanto!”.

Razza le riferisce che il 90% della situazione creatasi è attribuibile alla loro piena responsabilità, ma Di Liberti sostiene che i dati sono quelli estrapolati dalle
piattaforme informatiche, al che l’assessore le fa notare, con rammarico, che nessuno lo ha
mai informato della grave criticità emersa, a suo dire, da un raffronto dei dati della Regione
Siciliana con quelli comunicati dalle altre Regioni. La dirigente generale, nel ribattere a tale affermazione, sostiene che loro non hanno responsabilità delle conseguenze derivanti dal comportamento imprudente delle persone che si contagiano. A tale affermazione la stessa viene, però, immediatamente ripresa da Razza che, facendo riferimento agli indicatori alla base del calcolo dell’indice RT, le riferisce di aver constatato anche il mancato allineamento dei dati contenuti nelle piattaforme della Protezione Civile con quelli dell’ISS. Maria Letizia Di Liberti cerca di giustificare la situazione attribuendo le colpe ad altri, probabilmente – si legge nell’ordinanza della gip – intende riferirsi ai vertici delle ramificazioni periferiche del Servizio Sanitario Regionale (direttori generali, direttori sanitari, referenti Covid-19 delle singole ASP) – ricordando, tra l’altro, il suo impegno nel farsi carico giornalmente dell’onere di effettuare numerose telefonate per sopperire alle inefficienze di questi uffici.

In particolar modo emerge, da alcune conversazioni, che il rapporto percentuale derivante dai nuovi soggetti contagiati con il numero di tamponi eseguiti, viene artificiosamente modificato in modo da mantenere tale valore, tra tamponi effettuati e numero di soggetti positivi, al di sotto della soglia percentuale che nel tempo è variata dal 15 per cento al 10 per cento.
Si presume che la manipolazione dei dati venga effettuata per incidere sull’indice RT,
tenuto conto anche degli altri dati regionali, tra i quali il numero di decessi, i ricoveri
ospedalieri ordinari ed in Terapia intensiva.
Questa  gestione preordinata dei dati, finalizzata al “contenimento matematico” dei contagi nella popolazione siciliana – ipotizzano gli inquirenti – è verosimilmente rivolta ad evitare e/o ritardare il passaggio della Regione Sicilia in zona “rossa”, con le derivanti ripercussioni sia di immagine mediatica sia di conseguenze economiche per gli operatori commerciali, anche se quest’ultimo aspetto non viene mai esplicitamente dichiarato nelle conversazioni intercettate. L’analisi dei dati comunicati al Ministero della Salute confrontati con quelli estrapolati dalle conversazioni telefoniche intercettate ha fatto rilevare una evidente “difformità”, a tal punto da far presumere – dicono gli inquirenti – che sia il Ministero sia l’Istituto Superiore di Sanità siano stati indotti in errore sulle adeguate misure di contenimento da adottare in Sicilia.

Dai contenuti delle intercettazioni emergono “gravi elementi indiziari” a carico dello stesso assessore regionale alla salute Ruggero Razza. Infatti, quest’ultimo, nell’apprendere dalla dirigente generale della “elasticità” (abbassare, spalmare, togliere) con cui tratta i dati pandemici ricevuti, “nulla ha da obiettare, nonostante la loro corretta elaborazione rappresenti, nell’attuale emergenza sanitaria, l’unico strumento valido per adottare idonee misure di contenimento della diffusione del virus Covid-19”.

Le intercettazioni riguardano anche molte conversazioni tra Di Liberti e suoi collaboratori: “Si va be… ma mettici 2.000 di rapidi..fregatene!!!. Perché tanto .. di rapidi ne abbiamo fatti: solo ieri… 15.000… ed altri 15.000 oggi…”, dice la dirigente generale ad un collaboratore.  In un altro caso, riguardate i dati della provincia di Trapani – che si riferiscono alla somma di quelli relativi a due giornate – i decide di non indicarli tutti. In un’altra ancora, del dicembre 2020, si decide di non indicare 25 decessi “anche perché ne hanno comunicati più di quanti ce ne sono”. A quest’ultima affermazione il collaboratore ribatte, ridendo, “ora al è contrario” e aggiunge che possono spostarli in una provincia diversa, anche se poi non coincidono se si fa una visura per provincia, ma  Di Liberti dice che “ormai i numeri sono talmente alti che le piccole differenze non si notano”.

Il 27 dicembre 2020 la dirigente generale chiama l’assessore Razza e lo informa di aver
verificato, attraverso una serie di telefonate, che i ricoveri di quel giorno erano aumentati,  complessivamente, di 40 unità per cui non sa cosa fare in quanto i dimessi erano solamente 13. L’assessore, concorda che erano troppi e, prima di chiudere la
conversazione telefonica le dice testualmente “Vediamo …..semmai, stringiamo na
picca….vediamo…va… ”. Successivamente la dirigente generale chiama Mario Palermo (un altro degli indagati, direttore del Servizio 4 D.A.S.O.E. e referente unico della Regione Sicilia per i dati Covid-19) e si confrontano sui dati della pandemia, con una certa preoccupazione sull’aumento dei ricoveri tant’è che la stessa Di Liberti gli dice di averne parlato con Razza in modo da “sistemare i numeri”.

La prassi di modificare i dati prima di comunicarli a Roma prosegue fino a questo mese di marzo, ci sono conversazioni in tal senso del 15, 16 e 19 marzo quando Di Liberti decide di diminuire il numero dei soggetti positivi a Palermo, dicendo di averne già parlato con l’assessore alla Salute Ruggero Razza e che, di lì a poco tra poco, chiamerà il commissario Covid-19 per la provincia di Palermo in merito ai dati modificati.

Scrive la gip Brignonne che, “in alcuni casi, viene contestata la mancata comunicazione
di dati trasmessi in ritardo dalle strutture periferiche e, dunque, non riferiti alla giornata
per la quale andavano effettuate le comunicazioni tramite l’apposito form. In dette ipotesi, non coglierebbe nel segno una linea difensiva volta ad affermare che sarebbe stata proprio la comunicazione in unica soluzione di rilevazioni relative a diversa giornata o, addirittura, a più giornate ad alterare la realtà. I dati pervenuti in ritardo – sottolinea la giudice – avrebbero dovuto essere comunicati con apposita nota esplicativa e, comunque, i numeri infine trasmessi appaiono parziali o arbitrari, indicati con l’intento di “spalmare” morti e contagiati in maniera tale da fotografare una situazione meno preoccupante del dovuto e con l’accettazione, a mo’ di “incidente di percorso”, dell’estrema difficoltà di reinserimento di “numeri” messi da parte.

Nell’ordinanza si parla di “leggerezza e sottovalutazione del rischio che lasciano
esterrefatti” e di una terminologia adottata dagli interlocutori “che non si addice al ruolo dei dialoganti. Viene gonfiato ad arte il numero dei tamponi, nella più chiara e piena
consapevolezza della falsità del dato e con l’intento di “giocare” sul rapporto tra
numero complessivo dei tamponi e numero dei soggetti risultati positivi per restare al
di sotto delle percentuali giudicate di massimo allarme”. Peraltro, il progressivo
aumento del numero di soggetti positivi “costringe” a ritocchi del numero di tamponi
effettuati, tanto consistenti da arrivare a diverse migliaia.

Il più delle volte, le cifre trasmesse – anche quelle relative ai decessi giornalieri –
sono arbitrarie, per abbassare valori ritenuti troppo alti o nel tentativo di recuperare dati precedentemente omessi. Le conversazioni tra gli indagati “danno l’idea dall’assoluto caos e della totale inattendibilità dei dati trasmessi, che sembrano estratti a sorte e la cui dimensione reale appare sfuggita agli stessi soggetti che li alterano. I valori indicati sembrano totalmente disancorati dalla realtà e lascia sgomenti il
modo di fare degli indagati, del tutto dimentichi delle tragedie personali, familiari e collettive che stanno ovviamente dietro quei numeri che avrebbero dovuto essere
correttamente accertati e comunicati”.

Il quadro, come dicevamo all’inizio, è sconcertante e sconfortante: alla diffusa disorganizzazione e alla lentezza da parte degli uffici periferici incaricati della raccolta dei dati si sarebbe sommato – secondo gli inquirenti – il dolo di organi amministrativi e politici ai vertici dell’organizzazione regionale. Addirittura, le inefficienze, gli inadempimenti e le disfunzioni delle strutture periferiche – ben lungi dall’essere sanzionate, come la direttiva del DASOE del 16 novembre 2020 a firma della dirigente DI Liberti  avrebbe consentito – sarebbero state appositamente sfruttate in funzione della alterazione dei dati.

Di fronte a ciò viene da chiedersi per quale fine ultimo sia stata realizzata questa deliberata e continuata alterazione dei dati sulla pandemia. “La natura e le conseguenze delle condotte delittuose poste in essere nonché la qualità dei soggetti coinvolti ed il loro concertato agire – scrive la giudice delle indagini preliminari di Trapani – inducono a ritenere che gli indagati non abbiano perseguito finalità eminentemente personali, ma abbiano operato nell’ambito di un disegno più generale e di natura politica. Si è cercato di “dare un’immagine della tenuta e dell’efficienza del Servizio Sanitario Regionalee della classe politica dell’Isola “migliore di quella reale” e di evitare il passaggio dell’intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra”.

“Quale che sia il disegno perseguito – si legge nell’ordinanza –  è certo che le falsità commesse non hanno consentito a chi di competenza di apprezzare la reale diffusione della
pandemia in Sicilia e di adottare le opportune determinazioni e non hanno permesso ai
cittadini di conoscere la reale esposizione al rischio pandemico e di comportarsi di
conseguenza. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la piena collaborazione di tutti i
soggetti indagati, ciascuno dei quali risulta calato in un ruolo nevralgico e, defilandosi,
avrebbe potuto mettere in crisi il sistema, considerazione che vale, a maggior ragione,
per i soggetti al vertice dell’amministrazione politica ed amministrativa”.

Secondo la gip il contributo dell’assessore regionale Razza “assume particolare rilievo e peso decisivo, tenuto conto della carica ricoperta e, dunque, della copertura politica assicurata all’operato della dirigente generale del DASOE.

Le conversazioni che vedono direttamente coinvolto o chiamano in causa Razza sono estremamente chiare e significative, dimostrano la sua pregressa consapevolezza delle “modalità criminose” di trattamento dei dati e delle finalità perseguite e apportano elementi indiziari anche con riferimento a fatti non ascritti, allo stato, al politico e certamente meritevoli di ulteriore approfondimento.

“Considerata la natura e le verosimili finalità degli illeciti commessi – conclude l’ordinanza della gip – sarebbe difficile se non impossibile ipotizzare un attivarsi del vertice dirigenziale in assenza di avallo dell’organo politico. A quest’ultimo proposito, va, però, segnalato che allo scellerato disegno politico di cui s’è detto, sembra estraneo il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci che, anzi, “pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite”.

Due sono le conversazioni tra i due citate nell’ordinanza. La prima è dello scorso 19 marzo:  l’assessore alla Salute informa il governatore della drammatica situazione
dei contagi da Covid-19 venutasi a creare a Palermo e nella sua provincia,
confermandogli che è stata superata la quota di 250 contagi per 100.000 abitanti e
si impone la necessità di instituire la “zona rossa”. I due interlocutori concordano nel dover informare preventivamente le Istituzioni locali, il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana e il sindaco di Palermo.  Musumeci si dichiara pienamente d’accordo sul provvedimento da emanare per dichiarare la “zona rossa”, nelle aree che superano l’indice soglia, stabilito dal Decreto Legge nr.30/2021, a partire dalla mezzanotte di domenica 21 marzo, in quanto sostiene che si debbano informare i cittadini e le istituzioni in tempo utile. Razza si dice d’accordo e conclude la conversazione dicendo a Musumeci che è in attesa della specifica relazione da parte degli uffici competenti, atto propedeutico per la emanazione della ordinanza a firma del Presidente della Regione.

La seconda conversazione intercettata è dell’indomani, 20 marzo: Musumeci chiede a Razza come mai non lo abbia più informato sulla istituzione della “zona rossa” a Palermo. L’assessore tergiversa nella risposta, racconta che non è più necessaria in quanto, dall’analisi dei dati, hanno accertato che l’area interessata (Palermo e provincia) si trova al di sotto della soglia di 250 contagi per 100.00 abitanti. Musumeci ha una espressione di stupore –  in quanto era stato informato del superamento della soglia massima di 250 – e Razza, lo rassicura sostenendo che il giorno precedente i contagi erano stati 400 mentre l’indice settimanale si era attestato a 196 su 100.000 abitanti.

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