Un italiano su tre non usa la cintura di sicurezza quando è in auto. Il dato emerge da una ricerca promossa da Anas sulle – cattive – abitudini degli automobilisti lungo le strade e autostrade non a pedaggio.
La rilevazione, condotta dallo Studio “Righetti e Monte Ingegneri e Architetti Associati” con il contributo dell’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è stata presentata nell’ambito del convegno “Sicurezza stradale: obiettivo zero vittime” organizzato in occasione della “Giornata mondiale in ricordo delle vittime della strada” che si celebra ogni anno la terza domenica di novembre.
La sicurezza stradale è una delle maggiori criticità che i Paesi europei si sono dati il compito di affrontare e l’impegno di tutti è quello di azzerare il numero delle vittime della strada entro il 2050 e ridurre del 50% il numero sia delle vittime sia dei feriti gravi entro il 2030.
Dallo studio commissionato da Anas, che ha analizzato i comportamenti di guida – lungo tre differenti tipologie di strade e autostrade in gestione alla società – di un campione di 6.000 utenti, emerge come il 28,38% dei conducenti non allaccia le cinture, dato che si alza se riferito al passeggero anteriore (31,87%) e al passeggero posteriore (80,12%).
Anche per quanto riguarda l’uso dei seggiolini per i bambini i dati non sono incoraggiati – ben il 49,47% non li utilizza – e delle “frecce”: il 55,63% degli automobilisti italiani non le accende per la manovra di sorpasso o rientro (76,46%), o per l’entrata (59,20%) o uscita (43,71%) da rampa. Un automobilista su dieci (12,41%) , infine, utilizza in modo improprio il cellulare alla guida.
I dati italiani sono molto lontani dalla media registrata negli altri Paesi europei dove il 90% degli automobilisti indossa le cinture anteriori e il 71% dei passeggeri quelle posteriori.
Lo studio ha analizzato alcuni tra i fattori psicologici che influiscono sulla mancata percezione del rischio alla base dei comportamenti all’origine degli incidenti stradali, distinguendo tra le violazioni deliberate al Codice della strada e gli errori del conducente (es. sviste, manovre o valutazioni errate). Il comportamento in violazione non dipende, infatti, da un problema nel raccogliere o elaborare le informazioni necessarie per adottare il comportamento corretto ma da fattori psicologici, psicosociali e motivazionali. In particolare l’analisi ha richiamato questi fattori associandoli ai dati delle violazioni riscontrate.
“Questo studio – ha commentato Franco Righetti – segna un passo di fondamentale importanza per il miglioramento della sicurezza sulle strade. L’entità del campione raccolto ci ha restituito una chiara fotografia dei comportamenti e delle abitudini delle persone durante la guida, consentendo di identificare e analizzare in maniera scientifica i fattori di rischio. La disponibilità di questo patrimonio informativo consentirà ad Anas di progettare e avviare concrete campagne di sensibilizzazione sulla sicurezza stradale che possano risultare centrate sui principali fattori di rischio individuati, come il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza e utilizzo improprio del telefono cellulare durante la guida, e orientate nei contenuti specifici per tipologia di utenti, ad esempio i giovani”.
“L’interesse di Anas per questa tematica – ha spiegato Federica Biassoni, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Unità di ricerca di Psicologia del traffico – ci ha consentito di realizzare una ricerca che, integrando metodologie quantitative e qualitative, ha preso in esame sia il livello dei comportamenti dei guidatori sia quello sottostante, dei processi psicologici alla luce dei quali è possibile spiegare tali comportamenti. I risultati della ricerca rispecchiano in modo interessante la letteratura sulla percezione del rischio stradale e sui comportamenti di guida rischiosi. Tanto le violazioni registrate che i comportamenti che portano alla distrazione, causa frequente di incidenti, appaiono riconducibili ai medesimi bias cognitivi: il ruolo dell’abitudine e dei vantaggi percepiti ci permettono così di spiegare i comportamenti rischiosi emersi dalle osservazioni su strada”.
L’analisi della percezione del rischio è stata accompagnata anche da 17 interviste semi-strutturate a utenti delle tre differenti tipologie di strade e autostrade oggetto dell’indagine per indagare le motivazioni alla base dei propri comportamenti rischiosi e di quelli degli altri utenti della strada. I primi sono riconducibili per lo più a stress, abitudine, mancanza di senso civico mentre i secondi sono ascrivibili a mancato uso degli indicatori di direzione, manovre di sorpasso a destra, sorpassi pericolosi, velocità rischiosa.
In relazione alla percezione di sicurezza della strada, invece, le dichiarazioni degli intervistati variano a seconda della tipologia di strada. L’82% del campione ritiene le strade sicure o non evidenzia una rilevante percezione del pericolo rispetto a tutte le tipologie di strade analizzate.
Anas in vista dell’obiettivo di ridurre del 50% le vittime di incidenti stradali entro il 2030, è impegnata nell’implementare la sicurezza dei propri utenti agendo su più fronti: aumento delle risorse da destinare alla manutenzione programmata con 15,9 miliardi (+44% rispetto alle precedenti annualità) destinati all’adeguamento e messa in sicurezza della rete anche attraverso pavimentazioni sempre più performanti; potenziamento dei settori Ricerca e Sviluppo con il progetto “Smart road” e il progetto “Green lights” per una illuminazione più efficiente e la realizzazione di barriere di sicurezza di ultima generazione; promozione e diffusione di una cultura della sicurezza stradale, partendo dal dato che oltre il 93% degli incidenti deriva dal comportamento del guidatore.
Proprio sulla base di quanto emerso dall’indagine, Anas, nell’ambito della campagna di sicurezza stradale “Quando guidi, guida e basta”, orienterà il messaggio all’utilizzo delle cinture di sicurezza.