Franco Auci, in quel giorno di primavera…

E sono tre. Non come i gol rifilati dall’Italia alla Germania nella finale mondiale dell’82, ma come i lustri trascorsi dalla scomparsa di Franco Auci.
Quindici anni fa, il 27 marzo del 2009, all’improvviso, ci lasciava il più grande giornalista sportivo (e non solo) che questo angolo di terra abbia mai potuto partorire.
Ci manchi, Franco. Immensamente. Non sai cosa daremmo per averti, fisicamente, al nostro fianco. Per sentirci un po’ meno soli in un deserto sempre più arido; dove
sobrietà, compostezza, equilibrio, razionalità ed eleganza, sono state soppiantate da alterazione, scompostezza, disequilibrio, irrazionalità ed ineleganza.
Chissà come avresti vissuto questa nuova fase di grande rilancio dello sport trapanese. Chissà come ti saresti approcciato al nuovo paladino della provvidenza; a colui che ha in mente grandi cose per i granata ma anche per la città.
Già, il Trapani Calcio, la Pallacanestro Trapani, la tua Trapani. Che hai narrato, raccontato, spiegato, per tutta la vita, in maniera sublime, unica. Mosso da un solo sentimento: quello dell’amore.
“…Glorioso vessillo granata, glorioso – si badi bene – non tanto per i traguardi raggiunti, quanto per i continui sacrifici attraverso i quali sportivi, artigiani, commercianti, categorie sociali, tutti i tifosi, particolarmente i più umili, ne hanno orgogliosamente e dignitosamente scritto la storia…”.
Ecco, qui c’è l’essenza di tutto. Le parole, pregevolissime nella loro semplicità, spiegano,
meravigliosamente, l’immensità e l’unicità del pensiero. Chissà, caro Franco, come avresti
interpretato e descritto questi tentativi (in atto) di modificare geneticamente il “giocattolo”.
Ma il DNA, non si può cambiare. Resta lo stesso. Per sempre. Un po’ come te.
Di noi, comuni mortali, fra qualche tempo, non si ricorderà più nessuno. La favola (vera) del bambino di via Carolina, divenuto poi uomo, che amava il Trapani, la sua Trapani e la vita in maniera esagerata, invece, continuerà ad essere raccontata. Forse, un giorno, dall’intelligenza artificiale. Ma ancora per un po’, speriamo il più possibile, solo ed esclusivamente dagli uomini.
Nicola Rinaudo

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