“Don’t Touch”, il progetto contro la violenza sui minori stranieri presentato al Cous Cous Fest

Si tratta di un progetto sperimentale di capacity building e governance dei servizi che ha consentito il potenziamento di servizi di integrazione in favore degli stranieri e la sperimentazione di nuovi

«Essere sul palco del Festival Internazionale dell’Integrazione Culturale non è una conclusione ma un inizio: oggi con “Don’Touch” parte un progetto di condivisione territoriale e di intenti tra 70 Enti pubblici e privati per l’applicazione di un modello operativo in tema di violenza sui minori stranieri che speriamo il Ministero dell’Interno possa fare applicare a più livelli». Così Nicola Sequenzia, project manager del progetto “Don’t Touch”, presentando martedì, sul palco del Cous Cous Fest, i risultati dei primi 18 mesi di attività del progetto contro la violenza sui minori stranieri che si concluderà il 31 dicembre di quest’anno. «Sono stati 18 mesi interessanti e a tratti difficili – ha spiegato- perché “Don’t touch” è un progetto sperimentale. La nostra forza sono stati i nostri operatori che si sono spesi in prima linea contro alcune reticenze delle Pubbliche amministrazioni e le difficoltà di un sistema che a volte è troppo farraginoso mentre i nostri interventi devono essere immediati. Abbiamo formato 250 operatori, preso in carico, ad oggi, circa 145 minori individuando 25 casi di violenza ed attivando le Istituzioni territoriali, l’Asp e la Neuro Psichiatria per una presa in carico veloce delle vittime. Siamo presenti con il nostro servizio di mediazione culturale negli sportelli antiviolenza istituti nelle province di Trapani, Agrigento e Palermo, fondamentale per una integrazione dei servizi. E completeremo il tutto – ha aggiunto Nicola Sequenzia-con una supervisione scientifica dell’Università di Torino e dell’Università di Palermo per definire una Procedura Operativa Standard per l’emersione e la presa in carico di vittime o potenziali vittime di violenza».

Il progetto “Don’t Touch”, finanziato dal F.A.M.I. 2014-2020, è promosso dalla cooperativa sociale Badia Grande Finanziato e realizzato in partenariato con l’Asp di Trapani ed il Consorzio Universitario UNISOM. Si tratta di un progetto sperimentale di capacity building e governance dei servizi che ha consentito il potenziamento di servizi di integrazione in favore degli stranieri e la sperimentazione di nuovi.

Ieri pomeriggio, sul palco del Bia Theatre, sono intervenuti Roberto Bertini, Presidente Consorzio UNISOM, Antonino Sparaco, direttore U.O.C. Centro Salute Globale ASP Trapani e, da remoto, la prof.ssa Annamaria Fantauzzi, antropologa ed etnopsicologa, dell’Università di Torino.

Sul palco anche l’operatore legale Gianluca Camilleri, che si è soffermato sull’importanza della comunicazione, che deve essere semplice ed immediata, per spiegare ai minori le soluzioni che possono essere adottate nei casi di violenza. La psicologa Alessandra Messina, dell’equipe multidisciplinare di Palermo, ha raccontato il lavoro svolto in sinergia con gli enti territoriali. «Abbiamo avviato i laboratori con i minori stranieri grazie ai quali i ragazzi hanno potuto conoscere i loro diritti ed affrontare tematiche delicate quali la violenza. Lo step successivo è stato quello dei colloqui attraverso i quali ci hanno raccontato le loro storie, molto drammatiche, e le motivazioni per le quali sono partiti dai Paesi d’origine». La psicologa ha poi fatto una distinzione sulle situazioni di vulnerabilità emerse: tra i giovani immigrati giunti sul territorio si registrano disturbi post traumatici determinati dal viaggio terrificante affrontato. Ci sono anche disturbi fisici, nel ritmo sonno-veglia, alimentari, non solo per una questione culturale ma anche dovuti al digiuno prolungato del viaggio. «Li aiutiamo anche nell’elaborazione del lutto di familiari scomparsi durante la traversata- ha spiegato Alessandra Messina- Collaboriamo con le strutture del territorio, come ad esempio il centro Pench di Palermo specializzato in etnopsicologia. Per quanto riguarda, invece, i minori regolarmente soggiornanti nei nostri territori, sono emersi casi di razzismo e di bullismo. In particolare abbiamo lavorato nel quartiere Zen di Palermo con la cooperativa l’Albero della Vita, sia con ragazzi italiani sia con minori stranieri che ci hanno raccontato casi di bullismo e cyberbulissmo, realizzando un progetto ad hoc con laboratori, video, slide e cortometraggi. La difficoltà più grande è stata quella di fare parlare questi ragazzi, farli aprire per chiedere aiuto, perché abbiamo riscontrato una difficoltà di ascolto all’interno delle loro famiglie. Alla fine, grazie ad un’attività di capacity building con gli operatori della struttura, abbiamo individuato gli strumenti per salvaguardare questi ragazzi e le loro vite».

Il pubblico presente ha degustato il cous cous “Don’t Touch”, la cui ricetta è stata ideata da Balde Omar, 17enne nigeriano beneficiario della struttura per MSNA di Bonagia, coadiuvato dallo chef Santo Petrocciani, docente della scuola INFAOP di Palermo e vincitore del Campionato italiano di Cous Cous 2021. Hanno collaborato alla realizzazione del piatto gli allievi dell’Istituto professionale “Pietro Piazza” di Palermo.
Infine sono stati premiati gli studenti che hanno partecipato Contest “Violenza e Migrazione” per la scelta del nome e del logo dell’APP e Sito Web dedicato al progetto.

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