A Campobello un’oasi naturale in pieno centro

Il presidente dell'Archeoclub Campobello Cave di Cusa, Antonino Gulotta, racconta una sorgente

Riceviamo e pubblichiamo una nota del presidente dell’Archeoclub Campobello Cave di Cusa Antonino Gulotta sull’oasi presente in pieno centro.

Nelle tarde quiete sere, quando i decibel dell’inquinamento acustico scendono vicini allo zero, ascoltando il silenzio della notte, possono essere udite: dell’Assiolo-Hopus scops- un canto lontano, l’onomatopeico verso chiù-chiù, tanto, ahimè, caro a Pascoli; dalla vicina pozza d’acqua il gracidio di un ranocchio che canta, come Romeo alla sua Giulietta, un inno alla gioia di essere; tra le canne il frullo di un rallide, una gallinella d’acqua, accompagnato dal suo koc-koc, che coverà le sue uova; il latrare di un randagio che abbaia alla luna, ma anche il mesto gorgoglio di un rigagnolo d’acqua che scorre, in parte tombato e per un tratto a pelo libero, attraverso l’asse Nord-Sud della nostra villa comunale e che proviene da una sorgiva, affiorante nella prossimità dell’Altare Maggiore della nostra Chiesa Madre, la quale dà origine alla pozza d’acqua sopraccitata.
Detta pozza, oggi, viene attorniata da piante palustri e canne, la presenza dell’acanto, considerato simbolo di verginità, nel linguaggio dei fiori, e tanto cara ai Greci, è copiosa. Nella luce solare pullula di vita; guizzano veloci girini neri (Bufo bufo?), danzano le libellule, è presente la Mantide religiosa, che fa la posta tra le piante; l’intreccio di ali di rondine, in volo radente, disegna immaginarie figure astratte che richiamano alla mente i capolavori di Kandinsky; si osservano, inoltre, api e farfalle, che suggono il nettare dai fiori di Acantus; un’arca, insomma, di infinite varietà di armonie e di vitrea trasparenza di suoni.
Davanti siffatta bellezza, oggi, mio nonno “avissi dittu: mizzica, robba di arristari alluccuti!”
Un tempo, anni Cinquanta, detta sorgente alimentava una fontanella dalla quale il vecchio ed abile villiere, lu zu Micheli Bono, con amore, dedizione e passione irrigava le fiorite aiuole della villa comunale, oggi lontano ricordo, dava, anche, origine ad un “pilacciuni” (abbeveratoio per animali) di forma concavo circolare di colore marrone, munito di “aciddittu” (rubinetto) a scatto, ubicato nella via Mare adiacente al palazzo comunale, che sete toglieva ai tanti passanti.
Nell’umida notte, tra tremolio di stelle offuscate dalla nebbia ed al pallido chiarore lunare, la natura ancora oggi ci offre spettacoli meravigliosi, mentre questo essere, l’Homo sapiens, genere invasivo, preso com’è dalle sue frenesie, non è più adatto a godere di tali bellezze che lo circondano, le elude.
La nostra terra è suoni, musica, arte, archeologia, vita meravigliosamente pulsante, evoluzione.
I gufi si sentiranno e resteranno lontani.

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