Che le condizioni di tante carceri italiane non siano quelle che ci si aspetterebbe di trovare in un Paese civile, è cosa purtroppo nota. I disagi riguardano anche la Casa Circondariale “Pietro Cerulli” di Trapani dove, in diverse occasioni, i sindacati hanno lamentato la cadenza di personale di Polizia penitenziaria.
Una circostanza che si ripercuote sia sul carico di lavoro che grava sui poliziotti in servizio e, più ampiamente, sul livello di sicurezza dell’Istituto e sulla qualità della vita delle persone detenute.
Oggi, però, vogliamo dare spazio alla segnalazione giunta alla nostra redazione da parte di una donna, compagna di un detenuto, sulle condizioni in cui avverrebbero le visite dei familiari nel carcere trapanese.
“I nostri detenuti stanno pagando il loro reato in mezzo a tante problematiche – scrive la donna – ma anche noi familiari viviamo le nostre quando andiamo a trovarli. Nelle sale di attesa i condizionatori non funzionano, sia in estate sia in inverno. E, dovendo passare ore di attesa per incontrare i nostri cari, si soffre, soprattutto i bambini in tenera età e le persone più anziane”.
Anche i bagni per i visitatori avrebbero carenze igieniche.
“Come moglie e madre mi sento castigata ingiustamente e vorrei che qualcuno facesse veramente voce su quello che viviamo noi familiari dei detenuti del carcere Cerulli. Vorremmo un po’ di rispetto e comprensione perché, voglio ricordare, l’unica pena che noi abbiamo è quella di amare i nostri cari che si trovano lì detenuti. Anche le guardie hanno le nostre difficoltà. Spero che le cose possano migliorare per tutti”.
All’appello e alla speranza della signora ci uniamo anche noi, ricordando – una volta di più – che il grado di civiltà di una società e di un Paese si misura proprio nel modo in cui tratta i detenuti, come diceva Voltaire, nel diciottesimo secolo.